domenica XVIII per annum


Adésto, Dómine, fámulis tuis,
et perpétuam benignitátem largíre poscéntibus,
ut his, qui te auctórem et gubernatórem gloriántur habére,
et creáta restáures,
et restauráta consérves.

Questa colletta mi apre alla comprensione "altera" del vangelo di Luca proposto oggi (12, 13-21). Vien chiesto a Gesù: "Dì a mio fratello ...".
L'orazione apre con FAMULIS, non sono ancora un familiare, ma mi presento come uno che lavora in casa e per la casa, sono uno che riceve il suo salario perché ha ben servito, magari la mia speranza arriva fino ad essere dichiarato LIBERTO, ma non ancora di famiglia.
Chi presume di essere figlio di famiglia ha anche l'arroganza di pensare anzitempo all'eredità e a come gestirla. La mia eredità, tante volte ricordata nella Scrittura, non sarà mai veramente mia, è quasi impossibile che io la gestisca: la mia eredità è il Signore! Nulla di meno, come possederlo?
Io famulum, che però godo infinitameente di una PERPETUAM BENIGNITATEM.

Questa benevolenza non è qualificata come TANTA, ma PERPETUA. Come desiderare di mettere le mani sul sempre, mantre sono nel provvisorio? Qual è la mia massima felicità: avere te, o Dio, quale AUCTOREM et GUBERNATOREM.
"Tenetevi lontani da ogni cupidigia ..." v 15
E' come per la manna: chi ne raccolse molta non ne avanzò e chi ne raccolse di meno non ne sentì la mancanza. Ad ognuno secondo la misura del bisogno.

Mi viene subito alla mente san Benedetto che descrive il Cellerario, quale cooperatore dell'Abate per quanto concerne le necessità materiali dei fratelli: ad ognuno secodo la misura del bisogno ... facendo attenzione ad educare i fratelli a rallegrarsi non aver poche necessità. Poveri noi, nella mia precedente esperienza monastica si vedevano fratelli e padri che perfino inventavano malattie dolorose che avevano necessità di interventi chirurgici pur di avere un po' di attenzione o di godere di un regime alimentare diverso dagli altri! E ora in parrocchia? Si ricorre anche alla possessione demoniaca! Ma non ci rendiamo conto che così diamo proprio occasione al diavolo? Ognuno sia sereno nel poco, felice di aver bisogno anche di meno.

L'orazione poi va volgere lo sguardo paterno di Dio su di me nella grande opera della creazione: creáta restáures, et restauráta consérves.
Mi ha creato, restaurato, e ora mi cura con il pane quotidiano.

"Dì a mio fratello che divida l'eredità con me ..."

Che cos'ha mio fratello da spartire con me?
Come me è creato; come me è restaurato; come me e con me è tenuto in vita.

Sembra di risentire l'eco delle parole di Gesù a Marta, le opere dell'accoglienza sono belle, certamente, ma poi accorgiti che sono io ad aver accolto te, sta presso di me: sono il tuo pane quotidiano

Quos cælésti récreas múnere,
perpétuo, Dómine, comitáre præsídio,
et, quos fovére non désinis,
dignos fíeri sempitérna redemptióne concéde.

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